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Sessant’anni fa la FIAT 850

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Un’evoluzione della 600 in attesa della 127.

 

La FIAT 850 fu presentata nel 1964 e rimase in produzione fino al 1971 con un milione e 200mila esemplari realizzati in quel lasso di tempo. Nata per riempire il vuoto esistente fra la 600 e la 1100 (guarda caso, 850 è esattamente la media aritmetica sommando 600 e 1100), fu una mossa particolarmente indovinata da parte alla FIAT che diede vita in poco tempo e con una spesa relativamente contenuta a un nuovo modello di utilitaria, più spaziosa della 600 (la 850 era omologata per 5 persone contro le 4o della 600) pur mantenendo la classica meccanica con motore e trazione posteriori. Va detto che, a parte le sue versioni coupé e spider, fu il terzultimo modello a motore posteriore prodotto dalla Casa torinese. Le ultime saranno la 126 e la 133.

Dante Giacosa (capo-progettista FIAT dell’epoca) fece un layout semplice ma innovativo rispetto alla 600 (che comunque sarebbe rimasta in produzione ancora per qualche tempo dopo l’apparizione della 850) con un frontale più alto e squadrato che incorporava i fari anteriori, più grandi, al pari dei finestrini laterali e del lunotto.

L’abitacolo, benché fosse strutturalmente identico a quello della 600, era in realtà maggiormente spazioso e più ricco. Bastò infatti disegnare una plancia più moderna e rivestire il tutto in materiale plastico (antiriflettente) al posto della lamiera; un’importante novità fu l’introduzione di un impianto di riscaldamento efficiente che non immetteva nell’abitacolo l’aria calda e maleodorante del motore, ma che disponeva di un suo radiatore vero e proprio. Queste caratteristiche fecero considerare la vettura agli occhi del pubblico come un enorme passo avanti rispetto alla 600, anche per la migliore abitabilità interna e il bagagliaio più capiente (il serbatoio del carburante era stato spostato dietro). Con 843 cc e 34 CV, la 850 era anche più scattante già nella versione Normale. Nella Super arrivava a 37 CV e 125 km/h contro i 120 km/h della Normale.

Le due definizioni non si riferiscono all’allestimento, identico per entrambe, bensì al tipo di carburante da utilizzare e che era disponibile a quell’epoca. L’unico fattore discriminante era una targhetta, posta nel vano motore, recante la sigla 100G000 per la versione Normale e 100G002 per la Super che aveva anche un adesivo specifico sul lunotto (la “u” di Super incorporava una goccia di carburante indicante quale benzina andava usata).

Nel 1965 apparvero la Coupé (disegnata dal Centro Stile Fiat) e la Spider (opera di Bertone). Ma questa è un’altra storia… Nel 1968 tutta la gamma fu oggetto di ritocchi. Tra le berline la Super fece posto alla Special (che sarebbe l’ultima rimasta in produzione fino all’arrivo della 127). Era meglio rifinita, con profili cromati sulle fiancate, cornici lucide ai bordi di parabrezza e lunotto, mascherina modificata; all’interno, nuovo volante con corona in simil legno e razze nere in metallo forato, nuova plancia rivestita in plastica, quadro strumenti nero anziché grigio e tachimetro con fondo scala a 160 km/h anziché 140 km/h, aggiunta di un pozzetto porta-oggetti vicino alla leva del cambio, divano posteriore ridisegnato con sostegno per le cosce, specchietto retrovisore interno con posizione antiabbagliante. Nuovi colori interni e esterni, e nuovi cerchioni da 13 pollici (adottati già su coupé e spider, che saranno anche dotazione delle future 128 e 127).

Furono mantenuti i rostri gommati e fu equipaggiata col motore da 47 CV della versione Coupé del 1965 con carburatore a doppio corpo e collettori di scarico maggiorati che le consentivano di superare i 135 km/h. In conseguenza di questo incremento delle prestazioni, si scelse di adottare i freni a disco sull’avantreno. Anche la 850 Normale fu oggetto di alcune modifiche: nuove maniglie delle porte, rivestimento della plancia e quadro strumenti neri (anziché grigi) e un pomello del cambio sferico (anziché piatto). Ma la clientela le preferì decisamente la nuova nata Special che avrebbe retto il testimone, come detto, fino all’arrivo della innovativa 127, disegnata da Pio Manzù, giovane stilista dal tragico destino.

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